Da pannolini a macerieun futuro rigenerato




L’approvazione del decreto end of waste per il riciclo dei prodotti assorbenti potrebbe essere la svolta per costruire nuovi impianti, semplificare le norme e creare mercato per i prodotti riciclati

Lo scorso anno, lo stabilimento costruito da Fater e Contarina a Lovadina di Spresiano (TV), aveva ottenuto il meritato riconoscimento di “Circular Economy Champion” da parte di Legambiente, sviluppando una tecnologia che con­sente di riciclare i prodotti assorbenti per la persona (PAP), ricavandone plastica e cellulosa sterilizzate, da riutilizzare come materie prime seconde (MPS). Nel numero 6 di Waste, a pag. 16, avevamo parlato di questa best practice che, se adottata in tutta Italia, permetterebbe di riciclare circa il 3% dei rifiuti urbani, ricavandone 270.000 t di materia di alta qualità. Un virtuoso processo innovativo (primo a mondo per il trattamento e il recupero di PAP) che aspettava solo di essere riconosciuto a livello normativo. Cosa che, finalmente, è avvenuta con la firma del decreto end of waste  (cessazione della qualifica di rifiuto) del 15 maggio 2019, che assegna la specifica di “materia derivata seconda” alla cellulosa estratta dai prodotti usati, processati all’interno dell’impianto di Treviso, per il riciclo dei PAP. Questa data rappresenta un traguardo determinante grazie al quale viene finalmente sdoganata la commercializzazione di questa nuova MPS, evitando il conferimento ad inceneritori o discariche di 900.000 tonnellate di rifiuti all’anno. Un primo passo quindi verso l’approvazione di una (auspicabile) lunga serie di decreti end of waste (EOW) per il recupero di pneumatici, carta e cartone, plastiche miste e rifiuti da costruzione e da demolizione. 


Normative in cantiere
E proprio a proposito di questi ultimi, è stata approvata, in via definitiva, il 13 giugno 2019, anche la legge che sancisce l’utilizzo mirato dei criteri previsti dai decreti sul recupero semplificato dei rifiuti ai fini della concessione delle autorizzazioni in via ordinaria EOW.
Importante novità del provvedimento è dove si stabilisce, attraverso la modifica dell'articolo 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) del Dlgs 152/2006, che nelle more dell'adozione di uno o più decreti recanti i criteri EOW per specifiche tipologie di rifiuti, le autorizzazioni ordinarie per gli impianti di recupero rifiuti (ex Titolo III-bis o articoli 208, 209, 211 del Dlgs 152/2006) devono essere concesse, "per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività", sulla base dei criteri indicati nei provvedimenti che disciplinano il recupero semplificato dei rifiuti (Dm 5 febbraio 1998, Dm 161/2002 e Dm 269/2005). Le prescrizioni in materia di "quantità di rifiuti", ammissibili nell’impianto e da sottoporre a recupero, vanno invece individuate dalle autorizzazioni.
Il MinAmbiente viene quindi autorizzato ad emanare, "con decreto non avente natura regolamentare", delle apposite linee guida per l'applicazione uniforme della disciplina a livello nazionale.

(descrizione)

“Sblocca Cantieri” da perfezionare

Si sono intanto conclusi con un appello congiunto per modificare l’emendamento end of waste, i lavori del convegno “Zero rifiuti = cento impianti di trattamento”, organizzato da Amiu a Genova lo scorso 11 giugno.  Utilitalia, FISE Assoambiente e FISE Unicircular hanno infatti ribadito l’insoddisfazione delle imprese e delle associazioni di categoria rispetto all’emendamento in corso di approvazione con lo Sblocca Cantieri che, rifacendosi a una norma risalente al 1998, non tiene conto dell’evoluzione tecnologica che il settore dei rifiuti e dell’economia circolare ha conosciuto. Tale norma rischia infatti di mettere in difficoltà le iniziative già in esercizio e di bloccare nuovi progetti, ponendo un freno allo sviluppo dell’economia circolare. 


Impiantistica insufficiente
Nel Report 2019 sulla gestione dei rifiuti presentato il 23 aprile scorso, Assoambiente ha evidenziato le carenze della dotazione impiantistica e il mancato sviluppo del mercato dei materiali riciclati. E ancora, nel report "Per una strategia nazionale dei rifiuti" l'Associazione imprese servizi ambientali (Fise Assoambiente) ha ribadito come, nonostante prevenzione,  processi produttivi efficienti, corretta gestione dei rifiuti, recupero e riuso siano elementi fondamentali, il meccanismo si blocca se, a valle, non si creano le condizioni per valorizzare gli scarti, opportunamente trattati, nei cicli produttivi e per smaltire quelli non recuperabili.
In altre parole, l’impiantistica è decisamente insufficiente. Fise Assoambiente ribadisce inoltre come occorra sviluppare il mercato delle MPS verso la concorrenza delle materie prime vergini, eliminando gli ostacoli normativi e burocratici, l'assenza di criteri di EOW per la gran parte dei flussi di rifiuti, nonché i preconcetti degli utilizzatori e della P.A. che predispone gli appalti. Inoltre non va demonizzata la termovalorizzazione che permette di gestire rifiuti non più valorizzabili, fornendo al Paese energia termica ed elettrica. Bisogna infine ridefinire il ruolo della discarica con norme che stabiliscano nuovi criteri di progettazione e gestione finalizzati all’ottenimento di una qualità finale del deposito in equilibrio con l'ambiente.

Milano in prima linea
La Provincia di Milano si è presa intanto la responsabilità di autorizzare gli impianti di biometano dagli scarti. Con la lettera inviata lo scorso aprile ai ministri dell’Ambiente, Mariano Grillo, e dello Sviluppo economico, Elda Fiorillo, il Direttore ambiente della Città metropolitana di Milano (così si chiama ora la Provincia), Emilio De Vita, ha comunicato la decisione di autorizzare gli impianti in questione. Semplici le motivazioni di questa scelta: il metano è già regolato da decenni di norme puntuali, e quello estratto dalla fermentazione dei rifiuti non è diverso dal metano estratto dalla fermentazione avvenuta nelle profondità dei giacimenti. Il metano è un prodotto, non un rifiuto, e quindi la Città metropolitana ne autorizza gli impianti. Come testimonia lo stralcio della lettera che riportiamo: “In conclusione, si informa che gli uffici, per quanto riguarda le autorizzazioni relative alla produzione di biometano, attualmente sospese, salvo diverso avviso da parte di codesti Ministeri che si richiede di comunicare tempestivamente, intendono sbloccarle e nel contempo istruire le nuove istanze degli operatori, sia per attuare gli obiettivi dell’economia circolare e della gerarchia dei rifiuti sia per evitare il rischio di contenziosi e istanze risarcitorie che potrebbero rivelarsi fondate”.
Tutti gli altri procedimenti relativi a istanze per processi di recupero diversi dal biometano restano sospesi in attesa del pronunciamento dei Ministeri, con conseguente rischio per l'interesse alla tutela dell'affidamento degli operatori economici e, ancor più grave, per l’interesse ambientale in quanto tale stallo determina un freno all'implementazione del recupero del rifiuto e dei processi di EOW, in contrasto con la gerarchia dei rifiuti delineata dalla Direttiva 2008/98/CE.