Riciclo di imballaggi plastici flessibili e filmosi: problema a fine vitaEcco come risolverlo




Gli imballaggi plastici flessibili e filmosi sono prodotti eccellenti se ne consideriamo le ottime prestazioni. C'è da dire, però, che questi materiali presentano un problema a fine vita. Come risolverlo? Implementando un'economia circolare che li reimmetta nel ciclo produttivo. Il riciclo di questi prodotti richiede un approccio specifico a causa delle loro caratteristiche, un approccio che l'azienda Stadler, leader negli impianti di selezione per l'industria del riciclo, applica nei suoi impianti.

Oggi i consumatori sono sempre più chiari nella richiesta di un approccio più ecologico agli imballaggi. Man forte arriva anche dalla legislazione che fa di tutto per incoraggiare i produttori a usare la resina post-consumo (PCR) oltre alla resina vergine. Negli Stati Uniti, il New Jersey proporrà al governatore una legge che richiede il 20% di PCR nelle borse di plastica per la spesa e entro il 2025 la percentuale dovrà salire al 40%. Un disegno di legge dell'Assemblea della California rende i marchi unici responsabili del raggiungimento del 50% di PCR nei contenitori per bevande entro il 2030, con l'obiettivo di "rendere i produttori partner nel garantire materiale sufficiente per soddisfare questo requisito".


Ma quali sono le sfide che interessano questa tipologia di imballaggio?

Lo spiega Enrico Siewert, direttore sviluppo prodotti e mercato di Stadler: "La prima sfida è la bassa densità di questi materiali, che sono molto leggeri e vaporosi. All’interno degli impianti di selezione gli imballaggi filmosi tendono ad essere poco stabili sui nastri trasportatori e ad avvolgersi intorno ai cuscinetti degli alberi, compromettendo le prestazioni delle macchine ed incrementando la manutenzione. Inoltre, questi materiali possono intrappolare l'umidità e tendono ad accartocciarsi; di conseguenza ci vuole molta energia per pulirli".

Il problema più grande è che molti di questi materiali sono multistrato e costituiti da diversi polimeri, EVOH, PE, PP o PET, sovrapposti con lo scopo di ottenere le proprietà prestazionali desiderate. Gli strati sono fusi insieme e quindi molto difficili da separare meccanicamente. Presentano poi diverse temperature di fusione, per cui l'estrusione è difficile quando si utilizza questo materiale durante la produzione di nuovi prodotti.

"Si tratta di scomporre i polimeri plastici in olio che può essere raffinato e trasformato in combustibile o in una resina con l'obiettivo di chiudere il cerchio", continua Enrico Siewert.
La selezione degli imballaggi plastici flessibili e filmosi richiede attrezzature specifiche, per le dimensioni e il comportamento di questi materiali con determinati tipi di macchine. 

"Stiamo sempre sviluppando nuovi macchinari, stabilendo partnership e cercando modi per gestire questo flusso di materiale difficile da riciclare, perché i nostri clienti lo richiedono", conclude Siewert. "E stiamo perfezionando i nostri sistemi dedicati ai gestori degli impianti di riciclo chimico, che sono sempre più consapevoli della necessità di sofisticati sistemi di pretrattamento per selezionare, vagliare e lavare i materiali prima che vengano scomposti chimicamente in riciclati".