Il progetto Tech4Lib




Il riciclo dei metalli delle batterie al litio come simbiosi industriale. Attraverso un progetto che utilizza un acido naturale per estrarli dalla black mass

Recuperare, riutilizzare, riciclare le batterie agli ioni di litio sembra essere il nuovo Eldorado. Non passa giorno che ci siano annunci di nuove iniziative in questo campo, nonostante il mercato ancora per diversi anni (alcuni dicono almeno 7-8) non sarà sufficiente a reggerle tutte.
Case automobilistiche, produttori di batterie, start-up, consorzi e aziende già attive in settori attigui, come i RAEE, le batterie al piombo e la chimica per l’industria mineraria, hanno qualcosa da dire e da presentare.
Addirittura il fatto che le batterie rappresentino una percentuale senza precedenti del valore residuo di un’automobile potrebbe, secondo alcuni, provocare un cambiamento radicale di come si gestirà il fine vita dei veicoli. Na parleremo meglio in altra occasione presto. Qui ci limitiamo ad assegnare il nostro non premio ad un progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo volto a sviluppare nuovi metodi a basso consumo di energia per l’estrazione dei metalli dalla black mass, ossia dalla massa indifferenziata, vale a dire ciò che rimane delle celle di una batteria agli ioni di litio, dopo che è passato attraverso il processo di triturazione e di separazione dei materiali strutturali.

Come funziona
Il progetto Tech4Lib è portato avanti dall’Uni­versità degli Studi di Brescia e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa con l’appoggio di un advisory board composto da rappresentanti di aziende già operanti nel settore (l’elenco qui).
Il nuovo processo si basa sul riscaldamento della black mass utilizzando microonde, che provocano la reazione carbotermica tra i metalli contenuti e la grafite degli anodi. In questo modo si ottiene la riduzione degli ossidi in metallo puro e monossido di carbonio. La massa ridotta viene poi sottoposta ad un bagno in acqua, che lega e quindi recupera il litio, e poi ad un bagno in acido L-malico, che permette di recuperare i metalli. La cosa interessante è che l’acido L-malico proviene da scarti della trasformazione di materie prime agro­alimentari. Si trova infatti nella buccia delle mele, nell’uva e in altra frutta. È un acido naturale, presente anche nel corpo degli animali e nelle piante (entra come intermedio nel ciclo cellulare). Insomma, Tech4Lib anche se non lo dice è un bell’esempio di simbiosi industriale.
Premiato subito.